Le microplastiche sono sempre più riconosciute come un problema crescente di salute pubblica. La ricerca qui riportata è stata condotta nell’ambito di una collaborazione accademica sostenuta da Mundus maris con l’Università di Belgrano, Argentina. Mira a documentare i problemi ambientali rappresentati dalle microplastiche negli ecosistemi acquatici, con particolare attenzione alla costa di Buenos Aires del Río de la Plata. I campioni sono stati prelevati presso il Buenos Aires Fishermen’s Club.

Cortesia di Peter Charaf IT

Le microplastiche, definite come frammenti di plastica più piccoli di 5 mm, includono una varietà di particelle come microfibre rilasciate dagli indumenti durante i cicli di lavaggio, frammenti di prodotti di plastica degradati e microsfere di prodotti cosmetici. Questo studio sottolinea l’importanza di comprendere come questi inquinanti influiscano sulla vita marina, in particolare sui pesci che costituiscono un anello cruciale nella rete alimentare acquatica.e life, particularly fish that make up a crucial link in the aquatic food web.

La ricerca getta luce sui problemi ambientali che potrebbero derivare dalla crescente presenza di tali microplastiche nell’acqua, nei sedimenti e nella vita acquatica.

Carla Bonelli, ricercatrice del team guidato dal dr. Marcelo Morales Yokobori, si è concentrata sull’analisi della presenza di microplastiche in due specie di pesci del Río de la Plata: Parapimelodus valenciennis, comunemente noto come “pesce gatto giallo” di poco più di 24 cm di lunghezza massima, e Megaleporinus obtusidens, o “boga” che raggiunge dimensioni molto più grandi, superiori ai 70 cm. Queste specie sono state scelte per le loro differenti abitudini alimentari. Il pesce gatto giallo si nutre di fondale, mentre il boga può nutrirsi sia sul fondo che nella colonna d’acqua. Ciò potrebbe influenzare la loro esposizione e la possibilità di accumulo di microplastiche. I risultati hanno rivelato che le microfibre costituiscono la maggior parte delle microplastiche presenti in questi pesci, evidenziando il ruolo degli scarichi umani nell’ambiente, ad esempio attraverso il bucato che, se non passa attraverso il trattamento delle acque reflue, contribuisce a inquinare gli habitat acquatici.

Una scoperta degna di nota dello studio è stata la predominanza di microfibre chiare con una piccola proporzione di quelle blu negli intestini. Ciò contrasta con precedenti scoperte di colleghi nelle coste vicine. Ciò potrebbe essere attribuito allo sbiadimento dei tessuti durante la digestione o nell’ambiente.

Inoltre lo studio non ha trovato differenze statisticamente significative nelle quantità relative di diversi tipi di microfibre tra le due specie esaminate, il che indica una distribuzione omogenea di questi inquinanti nel loro ambiente e, quindi, nelle loro fonti di cibo. Non è stata osservata alcuna evidente bioaccumulazione attraverso la rete alimentare acquatica, poiché gli individui più grandi di boga avevano quantità chiaramente inferiori di microplastiche.

Questo risultato corroborato da simili scoperte altrove suggerisce l’entità del problema dell’inquinamento da microplastiche e la necessità di affrontare questo problema a livello globale. Anche se non sono state trovate concentrazioni più elevate nei “boga” più grandi, considerando che questo è un pesce alimentare apprezzato dagli esseri umani, questi per estensione saranno esposti alle microplastiche nella loro dieta. Va anche notato che le microplastiche possono agire come vettori di altri inquinanti a causa delle proprietà fisico-chimiche delle loro superfici, che aumentano con l’aumentare della frammentazione.

La ricerca evidenzia l’urgenza di implementare misure per ridurre il rilascio di microplastiche nell’ambiente, nonché per migliorare i processi di trattamento delle acque reflue e promuovere pratiche di consumo e produzione sostenibili. Inoltre, suggerisce la necessità di continuare a esplorare gli effetti a lungo termine dell’inquinamento da microplastiche sugli ecosistemi acquatici e terrestri, nonché di sviluppare metodologie più efficaci per monitorarli e rimuoverli dall’ambiente. L’inquinamento da microplastiche nel Río de la Plata non rappresenta solo una sfida ambientale locale, ma riflette anche un problema ambientale globale che richiede azioni coordinate e sostenute per mitigarlo.

Le negoziazioni in atto per un trattato giuridicamente vincolante che affronti in modo esaustivo l’intero ciclo di vita della plastica, inclusa la sua produzione, progettazione e smaltimento e ogni forma di inquinamento associato entro la fine del 2024, sono una prospettiva molto gradita. Tuttavia, dobbiamo ancora occuparci delle enormi quantità già presenti nelle acque dolci e nei mari.

I prossimi passi dovrebbero essere una migliore comprensione delle dinamiche di dispersione di queste microplastiche, nonché della loro formazione e origine, associate alle fluttuazioni meteorologiche. Sarà inoltre importante determinare con analisi spettroscopiche quali tipi di plastica predominano, facilitando così la tracciabilità per rilevarne le fonti e indirizzare azioni preventive.

In questo contesto non sono stati effettuati test di tossicità specifici, ma le prove si stanno gradualmente accumulando attraverso questo crescente campo di ricerca. L’esplorazione di reazioni complesse nei corpi di vari organismi è un’area di indagine relativamente nuova che non ha ancora portato a relazioni causa-effetto accertate.