E’ sicuramente tra i monumenti più rimirati al mondo, ma probabilmente anche uno dei meno compresi. E’ la Fontana di Trevi, in Roma. Pochi si chiedono cosa rappresenti tutta la magnificenza che si apre improvvisa agli occhi del visitatore, che ha percorso per arrivarvi le strette viuzze che conducono all’antico trivio – treio in romano medioevale, da cui probabilmente Trevi – che il Bernini volle trasformare in piazza per ospitare la mostra di uno dei più grandi omaggi alla potenza vitale dell’acqua che l’uomo abbia saputo creare: l’acquedotto Vergine, costruito da Marco Vipsanio Agrippa oltre 2000 anni or sono e tuttora funzionante.
Più volte sospesa, ripresa, modificata e finalmente completata nel XVIII secolo, la splendida opera progettata da Nicola Salvi si incentra sulla grandiosa statua centrale scolpita da Pietro Bracci: l’Oceano. Incede maestoso, solcando le acque marine, su una grande conchiglia. Viene trainato da due cavalli alati: alla sua destra il cavallo agitato.
Alla sinistra il cavallo placido. Rappresentano i differenti aspetti con cui può presentarsi l’Oceano, sereno a volte, in altri momenti tempestoso. Ma sempre foriero di vita, di abbondanza, di salute per il corpo e appagamento per lo spirito.
La statua alla destra dell’Oceano rappresenta l’Abbondanza, e dalla sua cornucopia fuoriescono sia frutti che monete.
Alla sinistra la Salubrità.
Due altorilievi sovrastano le due dee: al di sopra dell’abbondanza viene rappresentato Agrippa che ordina la costruzione dell’acquedotto. Il dovuto omaggio alla giusta amministrazione del bene comune, e al corretto utilizzo delle risorse naturali.
Dal lato della Salubrità il momento in cui una ragazza, il suo nome è sfuggito alla storia ma dal suo ricordo deriva il nome di Aqua Virgo, indica ai legionari di Agrippa dove potranno trovare la sorgente che stanno cercando. Un richiamo alla doverosa ma anche fruttifera capacità di ascoltare il popolo minuto, vicino alla natura e sovente più saggio e più lungimirante dei reggitori.
L’intera Fontana di Trevi è un ininterrotto omaggio alla natura, eternato nella pietra. Tra i motivi decorativi talvolta esibiti e talvolta accortamente tenuti in disparte, riservati all’osservatore attento, troviamo elementi del regno vegetale e del regno animale. Piante utili all’essere umano, come la vite, il fico, grandi essenze come la quercia.
Ma anche piante che chiedono solo di essere ammirate, come la colocasia.
Sono presenti anche umili animali, come la lumaca, la lucertola. L’imponente capolavoro poggia su una scogliera, sulla quale scorrono impetuose le acque, per tornare dopo il loro lungo ciclo benefico all’Oceano che le aveva generate.
E’ risaputo da molti che una delle tradizioni più legate alla Fontana di Trevi vuole che il pellegrino che intenda tornarvi, e tutti ambiscono a tale ritorno, getti una monetina nelle acque, donandola all’Oceano. E’ una tradizione sulla quale potremmo e forse dovremmo riflettere: non ha importanza il valore della moneta, qualunque taglio è bene accetto dall’Oceano. Anche noi, con un modesto impegno personale, ma che sia condiviso da tutti, possiamo tornare all’Oceano, possiamo preservarne la grandezza, la maestosità, la bellezza e, infine, raccogliere ogni frutto che ci doni l’Oceano.
Ottorino Respighi: La Fontana di Trevi al Meriggio (Arturo Toscanini, NBC Symphony Orchestra)
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